In assenza di norme specifiche bisogna ricorrere all’interpretazione delle regole esistenti Il mondo del diritto associato all’informatica, in questo periodo, si è spesso interrogato circa gli investimenti effettuati in criptovalute. Può sembrare strano parlare di investimenti in una valuta ma basti pensare che il bitcoin, che in questo preciso istante ha un valore di € 11.397, a gennaio 2017 aveva un valore di € 700. In molti, dunque, hanno utilizzato questa criptovaluta per generare delle plusvalenze.
Bitcoin e evasione fiscale Spesso si pensa alle criptovalute come uno strumento particolarmente idoneo all’evasione fiscale. E’ particolarmente diffusa, infatti, l’idea per la quale le transazioni effettuate tramite bitcoin non siano rintracciabili. Questa idea deriva, con tutta probabilità, dai primissimi utilizzi fatti del bitcoin e dalle conseguenze per i loro fondatori. Di questo, tuttavia, parleremo nel prossimo articolo in cui sposteremo il focus sulla configurabilità del reato di truffa aggravata. Lo scopo di questo post, infatti, è quello di rispondere a questa domanda: quali sono le regole applicabili ai guadagni effettuati grazie a criptovalute quali bitcoin, litecoin e ethereum? Il vuoto normativo In primo luogo è importante precisare che non esiste una norma ad hoc quindi tutto viene rimesso alla interpretazione delle norme esistenti. Al momento, infatti, l’unico elemento normativo degno di nota è rinvenibile nel d.lgs 90/2017 che ha introdotto nel nostro ordinamento la definizione di valute virtuali e di prestatori di servizi relativi all’uso di queste. La definizione in commento, di cui all’art. 1 del d.lgs menzionato e attuativo della Direttiva UE 2015/859, però, non può essere d’aiuto nel rispondere alla nostra domanda. Un appunto: l’Italia è stata la prima ad adottare la IV Direttiva antiriciclaggio ma, a differenza degli altri paesi europei, non ha avviato una seria ricerca di soluzioni normative volte alla regolamentazione delle criptovalute. In linea generale, dunque, è opportuno specificare che, nel mondo finanziario, la tassazione riguarda la plusvalenza generata dalla cessione ad un prezzo maggiore a quello di acquisto. Quindi, per comprendere se tali norme siano applicabili alle criptovalute occorre individuare con precisione il campo d’azione delle stesse. L’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate L’Agenzia delle Entrate ha paragonato, con la risoluzione 73E/2018, le criptovalute alle valute estere. In linea generale, quindi, gli scambi rilevanti con conseguenti guadagni di tipo speculativo, potrebbero generare plusvalenze da dichiarare nella sezione redditi diversi. Tuttavia l’Agenzia delle Entrate sembra aver escluso tale ipotesi sostenendo che le operazioni in commento non possano mai essere considerate speculative. L’interpretazione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea Diversa interpretazione, invece, è stata data dalla CGEU con la sentenza C-264/2015. Questa, in particolare, ha escluso l’assimilazione alle valute estere avvicinando le criptovalute ai tradizionali sistemi di pagamento. Purtroppo anche l’interpretazione delle norme esistenti non aiuta a chiarire completamente la situazione pur dovendosi dare, per il momento, maggior rilievo alla interpretazione della Agenzia delle Entrate che, come detto, esclude la tassazione. Il consiglio, in ogni caso, è sempre quello di seguire le indicazioni di un esperto del settore che potrà valutare, caso per caso, il comportamento da adottare. |
Details
Archives
April 2022
|