I dubbi circa la salubrità del latte e dei suoi derivati, riguardano, spesso, l’origine della materia prima utilizzata.
Le cronache, negli ultimi anni, hanno spesso messo in evidenza molti casi in cui un prodotto confezionato e venduto come “made in italy” fosse, in realtà, realizzato con una materia prima, magari particolarmente economica, proveniente da altro stato. Tali prodotti, infatti, si sono spesso rilevati nocivi. Da pochi giorni ciò non è più possibile, almeno in Italia. I Ministri Martina e Calenda, infatti, dopo il parere positivo delle Commissioni Agricoltura della Camera e del Senato, hanno firmato un decreto che ha introdotto l’indicazione obbligatoria dell’origine per i prodotti lattiero caseari in Italia. Il decreto, entrato in vigore il 19 aprile 2017, impone tale indicazione per prodotti come il latte, crema di latte, concentrati o no e con o senza zuccheri o edulcoranti, latte UHT, siero di latte, burro, yogurt, mozzarella, formaggi e latticini prodotti con latte vaccino, bufalino, ovicaprino e di altra origine animale. In etichetta deve essere indicata la doppia dicitura: “paese di mungitura” e “paese di condizionamento o trasformazione” con l’indicazione, quindi, del luogo in cui il latte è stato munto e di quello in cui è avvenuto l’ultimo trattamento termico del latte a lunga conservazione o del latte UHY nonché il paese in cui il latte ha subito l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale economicamente giustificata. Le indicazioni devono essere le seguenti:
Questo importante passo verso la chiarezza delle etichette nel settore lattiero-caseario e la tutela del made in Italy è, in realtà, una sperimentazione che durerà fino al 31 marzo 2019. Il Governo, infatti, spera che, fino ad allora, la Commissione UE non solo si pronunci sulla compatibilità del decreto con il diritto dell’Unione Europea ma, addirittura, renda l’indicazione del Paese di origine o del luogo di provenienza obbligatoria anche per gli altri Paesi UE. Il Tribunale di Frosinone ha ritenuto che il sito non violasse le norme in materia di diritto d’autore photo credit: www.tomshw.it Ormai non è difficile rintracciare online decine di servizi che, a fronte di un pagamento mensile, ci permettono di guardare film e ascoltare musica illimitatamente e con una qualità particolarmente alta.
Nonostante questo, sono ancora molti i siti che permettono lo streaming di film e musica in maniera gratuita e, spesso, con qualità particolarmente bassa. Ma questi siti sono contrari ad alcune delle norme del nostro ordinamento? Il Tribunale di Frosinone, esaminando l’attività di quei siti che fungono da aggregatori di link (e, cioè, che rimandano a film e musica in streaming provenienti da altri siti) in sede di opposizione a sanzione amministrativa, ha emanato una significativa ordinanza attinente alle possibili violazioni della legislazione in materia di diritto d’autore. Nei confronti del gestore del sito, infatti, era stata irrogata una sanzione amministrativa di € 546.528 a norma dell’art. 174-bis della L. 22 aprile 1941, n. 633 (Legge sul Diritto d’Autore) per la violazione del diritto d’autore posto a protezione dei film ai quali i link rimandava. Su ricorso presentato dal gestore del sito, il Tribunale ha ritenuto non sussistente la violazione del diritto d’autore, enucleando le seguenti osservazioni. La prima riguarda le caratteristiche del servizio offerto dal sito. Nel caso specifico, infatti, il sito non ospitava direttamente i film in streaming ma si limitava ad aggregare link a film in streaming su altri siti. Il Tribunale, quindi, ha ritenuto che la sola indicazione del link non fosse sufficiente ad integrare una condotta lesiva dei diritti dell’autore, non sussistendo una concreta e reale disponibilità dei file protetti, bensì dovendo l’utente di propria iniziativa scegliere se attivare il link. La seconda riguarda, invece, il guadagno ottenuto dal sito. L’art- 171-ter comma 2 lett. A-bis) della legge sopra menzionata prevede che, ai fini della irrogazione della sanzione prevista, sia necessario che la diffusione tra il pubblico dell’opera protetta abbia finalità di lucro. Il Giudice di prime cure ha ritenuto che, nella fattispecie, il sito non realizzasse un vero e proprio guadagno ma, più semplicemente, un “risparmio di spesa” rilevando, inoltre, come fosse impossibile fornire prova che i guadagni del sito derivassero dai singoli link. Il Tribunale, dunque, nella fattispecie, ha escluso la sussistenza di violazioni della legislazione in materia di diritto d’autore, e, quindi, la sanzionabilità dell’operato del gestore del sito. La sentenza che, ricordiamo, riguarda il giudizio di opposizione alla sanzione amministrativa è la prima di questo genere in Italia ed Europa e sicuramente farà discutere a lungo, specie se si considera che, in data 20 aprile 2017, il Tribunale di Viterbo, in sede penale, ha interpretato le norme in maniera esattamente opposta condannando il gestore del portale “filmsenzalimiti.it” a otto mesi di reclusione e una multa di €1.720. Le motivazioni non sono ancora pervenute quindi seguiranno aggiornamenti sul tema. |
Details
Archives
April 2022
|