La sentenza della Corte di Cassazione n. 1111/20, depositata il 20 gennaio, ha posto nuovamente in evidenza il principio già stabilito nelle precedenti pronunce secondo cui: «In tema di invenzione di azienda, ai fini della liquidazione dell'equo premio ai sensi dell'art. 23, comma 2, r.d. 29 giugno 1939 n. 1127, occorre tener conto dell'importanza, e non del prezzo, dell'invenzione; sicché opera correttamente il giudice del merito che, al detto fine, nel considerare le potenzialità di sfruttamento economico dell'invenzione, ricorre ad una valutazione equitativa in funzione correttiva, ad evitare il risultato di una quantificazione parametrata sul solo valore commerciale dell'invenzione» (Cass. 27.2.2001, n. 2849).
Nel 2010, il Tribunale di Udine, nell'accertare a qualità di autore (o coautore) del signor FF di svariate invenzioni poi brevettate, ne dichiarava il diritto ad un equo premio. La sentenza con cui il Tribunale condannava la società al pagamento dell'importo di Euro 1.277.170,00, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla data della sentenza al saldo, veniva poi appellata dinanzi alla Corte d'Appello di Trieste. Questa, nel 2014, riduceva il premio ad € 446.116,00 oltre interessi al tasso legale dalla data di messa in mora fino a quella di deposito della sentenza di primo grado, oltre alla rivalutazione monetaria e agli interessi al tasso legale da tale data fino al saldo. Il signor FF, dunque, nel proporre ricorso in Cassazione si doleva, tra gli altri motivi, dell'erronea individuazione della data di decorrenza degli interessi legali dalla data della messa in mora anziché dalla data del rilascio di ciascun brevetto confondendo gli interessi moratori con quelli compensativi che avrebbe dovuto riconoscere la Corte territoriale. Sul punto, quindi, la Suprema Corte, ha ribadito il principio enunciato in apertura. |
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April 2022
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