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30/3/2017

I NUOVI ALIMENTI O NOVEL FOOD

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​La cultura alimentare è in rapida evoluzione anche grazie alla velocità di trasporto e di comunicazione ed alla necessità di ricercare sempre nuovi alimenti per sopperire alla scarsità di risorse
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Di Elio Palumbieri e Massimo Zortea

​La cultura alimentare è in rapida evoluzione anche grazie alla velocità di trasporto e di comunicazione ed alla necessità di ricercare sempre nuovi alimenti per sopperire alla scarsità di risorse. Inoltre, lo scorso anno EXPO ha contribuito a diffondere e a far apprezzare culture alimentari differenti. La prima conseguenza di questa evoluzione è un sempre crescente numero di “alimenti nuovi” introdotti sui nostri mercati.
Ma cosa si intende per alimenti nuovi e, soprattutto, quali sono le modalità attraverso le quali i possono essere immessi sul mercato europeo?
Andiamo per gradi: il regolamento 258/97
Come vedremo più avanti la disciplina inerente ai nuovi alimenti è, oggi, contenuta nel regolamento UE 2283/2015 che abroga e sostituisce il regolamento 258/97. Il recente regolamento, però, non può essere pienamente compreso senza aver prima analizzato il contenuto del precedente.
Il regolamento del 1997 riguardava non solo i nuovi alimenti ma anche gli OGM e, più in generale, tutti gli alimenti non presenti in natura e frutto di attività di R&D in ambito alimentare. E’ nel 2003, in particolare con i regolamenti 1829 e 1830, che si è provveduto a disciplinare in maniera più approfondita gli OGM lasciando al regolamento 258/1997 solo l’ambito residuale del nuovi alimenti.
Il regolamento del 1997 aveva, per la prima volta, predisposto un procedimento unico e accentrato di controllo e valutazione dei nuovi alimenti e definiva nuovi alimenti i “prodotti e ingredienti alimentari non ancora utilizzati in misura significativa per il consumo umano nella Comunità”.
I nuovi alimenti nel regolamento UE 2283/2015
Il regolamento 2283/2015 individua all’art. 3 due macro categorie: da un lato gli alimenti definiti “nuovi” perché mai utilizzati come alimento prima del 15 maggio 1997 e dall’altro gli alimenti tradizionali provenienti da un paese terzo e costituiti, isolati o prodotti da microorganismi, funghi o alghe, da piante o da parti delle stesse nonché alimenti costituiti, isolati od ottenuti a partire da animali o da parti dei medesimi o da colture cellulari o tessuti derivanti da animali, piante, microorganismi, funghi o alghe. Il regolamento, inoltre, specifica che gli alimenti di questa seconda categoria devono derivare dalla produzione primaria.
Il controllo sulla conformità del nuovo alimento che si intende immettere sul mercato alle norme del regolamento spetta agli OSA i quali, in caso di dubbio, consultano lo stato membro in cui intendono commercializzare il prodotto. Lo Stato membro, a sua volta, può consultare gli altri Stati membri e la Commissione. A norma degli artt. 6 e 8 la Commissione dovrà istituire (entro il 1° gennaio 2018) e aggiornare un elenco dell’Unione contenente i nuovi alimenti autorizzati ad essere commercializzati nel mercato interno. L’art. 7 prevede, inoltre che tale inserimento debba tener conto non solo dell’assenza di rischi per la salute umana ma anche dell’inidoneità ad indurre in errore i consumatori circa l’uso previsto dell’alimento.
L’autorizzazione all’immissione sul mercato di un nuovo alimento
Il fulcro del regolamento, tuttavia, rimane il capo III titolato “procedure di autorizzazione di un nuovo alimento”. In particolare, possiamo distinguere tra le procedure generalmente valide e quelle, invece, previste per il caso specifico dell’immissione sul mercato interno di prodotti tradizionali da paesi terzi.
La procedura generalmente valida
Nel primo caso è la Commissione ad essere al centro dell’intero procedimento: riceve la richiesta di autorizzazione, la mette a disposizione degli Stati membri senza ritardo, pubblica una sintesi delle informazioni contenute nella richiesta e può richiedere un parere all’EFSA (l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) che deve provvedere entro nove mesi dalla data di ricezione della domanda (sempre che l’Autorità non richieda ulteriori informazioni: in tal caso, infatti, il termine può essere esteso). Trascorsi sette mesi dalla pubblicazione del parere da parte dell’Autorità o, nel caso in cui la Commissione non ne abbia fatto richiesta, dal momento della ricezione della domanda, spetta sempre alla Commissione presentare al comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi (istituito dall'articolo 58, paragrafo 1, del Reg. 178/2002) una proposta di atto di esecuzione che autorizza l’immissione sul mercato del nuovo alimento (art. 12) aggiornando l’elenco.
La procedura per gli alimenti tradizionali da paesi terzi
Nel caso, invece, dell’immissione sul mercato interno degli alimenti tradizionali da paesi terzi, è previsto un procedimento differente: il richiedente può presentare una – più semplice – notifica alla Commissione la quale deve, entro un mese, inoltrare tale notifica agli Stati membri e all’Autorità. Questi, entro quattro mesi dalla data di notifica, possono presentare obiezioni motivate relative alla sicurezza dell’alimento e, in tal caso, la Commissione non autorizza l’immissione dell’alimento e non aggiorna l’elenco. In assenza di obiezioni entro quattro mesi dalla notifica, invece, la Commissione autorizza l’immissione sul mercato e aggiorna l’elenco. Nel caso in cui, come visto, la procedura azionata dalla notifica dovesse sortire esito negativo, l’art. 16 prevede che il richiedente possa comunque presentare richiesta di autorizzazione fornendo, ovviamente, tutte le informazioni ulteriormente necessarie.
È questo in una primissima sintesi il quadro concettuale e normativo in tema di novel food, di cui qualsiasi professionista deve avere almeno una infarinatura. Ma la materia merita senz’altro un nostro approfondimento in successivi articoli di dettaglio. 

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