La legge che regola il carcere a vita viola il diritto del condannato a non essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti e, quindi, dev’essere rivista perché contrario all’art 3 della Convenzione europea per i diritti umani. A stabilirlo è stata la Corte Europea dei Diritti Umani. La Corte europea per i diritti umani La CEDU è stata istituita nel 1959 ed è un organo giurisdizionale internazionale. Si badi che la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo non fa parte dell'Unione europea. L’ergastolo in Italia Per ergastolo ostativo, nel nostro ordinamento, s’intende la pena che prevede la reclusione a vita, il c.d. “fine pena mai”. Questo si differenzia rispetto al normale ergastolo perché, se nel secondo caso il condannato ha diritto ad alcuni benefici, nel primo non è previsto alcun tipo di beneficio o di premio. La decisione sull’ergastolo In particolare, la Corte ha osservato che colui che viene condannato al carcere a vita (ergastolo ostativo) non ha diritto ad ottenere alcun beneficio. Egli, infatti, non può usufruire della riduzione della pena o di permessi d’uscita. L’unico modo che un condannato all’ergastolo ha di poter usufruire di determinati benefici è collaborare con la giustizia. Ciò, secondo la CEDU, porta ad un’equiparazione della mancanza di collaborazione a una presunzione irrefutabile di pericolosità per la società.
La Corte ha evidenziato che la scelta di collaborare non è sempre “libera” e che, quindi, «non si può presumere che ogni collaborazione con la giustizia implichi un vero pentimento e sia accompagnata dalla decisione di tagliare ogni legame con le associazioni per delinquere>>. Nella sentenza, inoltre, si afferma che privare un condannato di qualsiasi possibilità di riabilitazione viola la dignità umana, principio base su cui si fonda la convenzione europea dei diritti umani, |
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April 2022
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