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16/4/2018

Cibo e vino “kosher”: un'opportunità per il food italiano

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di Elio Palumbieri
Nato per rispettare i dettami della religione ebraica oggi viene percepito come garanzia di salubrità
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photo credit: http://www.finedininglovers.i
Non tutti hanno sentito parlare di Kosher ma qualcuno avrà sicuramente visto la puntata del noto programma Masterchef che ha imposto ai propri concorrenti di cucinare, in un’occassione, secondo le regole Kosher. Ebbene, letteralmente, Kosher significa corretto, adatto, appropriato e con questo termine si indicano le regole della legge ebraica relative al cibo.
Il mercato Koscher, tuttavia, vanta una crescita particolarmente alta, specie in paesi come gli Stati Uniti, perché le regole di produzione e commercializzazione garantiscono una particolare cura dell’origine dei prodotti e aumentano la percezione di salubrità. Per questo il consumo non avviene solo per motivi religiosi e, infatti, stando ad una ricerca del gruppo Mintel, solo il 15% dei chi compra questi prodotti lo fa per motivi religiosi. Molte catene, tra cui Wal-Mart, Costco, FreshDirect e Trader Joe’s, stanno prestando attenzione ai prodotti Kosher, particolarmente ricercati anche da vegetariani e vegani. Negli States, il settore ha toccato i 200 miliardi di dollari di fatturato occupando un terzo del mercato degli alimenti confezionati (circa 250mila tra alimenti e bevande).
 
I requisiti fondamentali Kosher sono molti, eccone alcuni:
-       Divieto di mescolare carne e latticini nello stesso pasto: la Torah raccomanda di non cuocere “il capretto nel latte di sua madre”. Per questo è vietato cucinare contemporaneamente latte e derivati con carne di qualunque animale
-       E’ consentito il consumo di animali ruminanti e con lo “zoccolo fesso” ovvero spaccato in due parti (pecora, capra, mucca, vitello)
-       Il rituale della macellazione deve essere obbligatoriamente tenuto da un Rabbino con la specifica competenza per farla
-       Sussiste, inoltre, il divieto assoluto di consumare il sangue dal quale è escluso il sangue dei pesci permessi (quelli con pinne e squame cme merluzzo, sogliola, carpa, luccio, muggine, salmone).
-       Non possono essere consumate alcune parti di grasso
-       Particolarmente complessa, invece, è la produzione di vino. Questo, infatti, per essere definito Kosher deve rispettare tutte le regole della Kashernut nella coltura della vite e nella vinificazione.
 
In Italia, ad oggi, sono circa 170 le aziende certificate kosher; tra queste: Barilla, Lavazza, Bonomelli, Ferrarelle. Stando ad una ricerca dell’osservatorio Immagino della Nielsen, l’acquisto dei prodotti Kosher nel nostro paese è cresciuto nel 2016 del 7,8%.
Per le aziende italiane questa certificazione potrebbe essere d’aiuto nel conquistare nuovi mercati. 

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