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Stabilimento in etichetta: perché l'UE boccia l'Italia

8/5/2018

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di Elio Palumbieri
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Alla fine è arrivata la bocciatura, da parte dell’Unione Europea, del D.lgs. 145/2017 con il quale è stato introdotto l’obbligo per i produttori alimentari di indicare lo stabilimento di produzione in etichetta.
La lettera della Commissione che sancisce tale bocciatura, datata 30 gennaio 2018 ma diffusa dal sito GIFT solo in questi giorni, non lascia spazio a dubbi: “La notifica è irricevibile e la Commissione non ne analizzerà quindi il contenuto”.
 
Il regolamento 1169/2011
Tutto parte dal regolamento 1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori il quale aveva abolito il decreto 109/1992 che aveva introdotto nel nostro mercato l’obbligo di indicare in etichetta lo stabilimento di produzione. Tuttavia, proprio con il D.lgs. 145/2017, tale obbligo era stato reintrodotto.
In questi casi, però, i regolamento europei prevedono la necessità di notificare alla Commissione UE la nuova norma al fine di analizzarne il contenuto e la sua compatibilità con le disposizioni europee.
Ebbene, il rigetto della notifica è avvenuto perché il nostro esecutivo ha usufruito di quanto disposto dall’art. 114 par. 4 del TFUE (il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea), il quale prevede che “allorché, dopo l'adozione di una misura di armonizzazione da parte del Parlamento europeo e del Consiglio, da parte del Consiglio o da parte della Commissione, uno Stato membro ritenga necessario mantenere disposizioni nazionali giustificate da esigenze importanti di cui all'articolo 36 o relative alla protezione dell'ambiente o dell'ambiente di lavoro, esso notifica tali disposizioni alla Commissione precisando i motivi del mantenimento delle stesse”. In sostanza, il nostro paese ha sostenuto che la norma del 2017 fosse identica a quella del 1992 che, sostanzialmente, quest’ultima sarebbe rimasta in vigore. Come detto, la Commissione ha lapidariamente rigettato l’argomentazione.
 
Cosa succede adesso
Il rischio, evidentissimo, è che si crei una disparità di trattamento tra i produttori. Questi, infatti, hanno predisposto e stanno stampando etichette conformi al D.lgs 145/2017 ignari, fino ad oggi, del rigetto della Commissione UE. Anche le autorità competenti si trovano nella situazione di dover far rispettare una norma che, invece, andrebbe disapplicata. Tutto ciò senza considerare che, in ogni caso, chi produce all’estero non è tenuto a rispettare la norma italiana anche se vende i propri alimenti nel nostro mercato. Occorre, quindi, rimanere in attesa di ulteriori sviluppi anche considerando l’ottimismo su una positiva chiusura della faccenda che trapela dal Ministero.
 
Il consiglio
Intanto, il consiglio alle aziende produttrici è quello di rispettare il D.lgs. 145/2017 e tenere sempre presente che l’indicazione dello stabilimento di origine potrebbe comunque comparire in etichetta quale elemento facoltativo e, in alcuni casi, recare anche un legittimo vantaggio competitivo.
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